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F. Gambini – Considerazioni attorno alla nozione che c’è un sapere del Reale e, dunque, dell’Inconscio

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M. Drazien su “L’inconscio è il sociale” di M. Fiumanò

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M. Drazien – “L’inconscio è il sociale” di M. Fiumanò

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M. Drazien – “L’inconscio è il sociale” di M. Fiumanò

L’INCONSCIO È IL SOCIALE

Desiderio e godimento nella contemporaneità

È il libro che ci parla dal divano, quando i pazienti si ritrovano nel discorso dell’autore, e impone la sua narrazione nel cuore della seduta analitica. Quale strada migliore per cercare di capire il senso di un libro che mette al centro l’inconscio e il suo riflesso sociale?

Marisa Fiumanò, facendo parlare l’insegnamento di Jacques Lacan, ha introdotto nella bibliografia psicanalitica italiana un argomento finora inesplorato: L’inconscio è il sociale detta il titolo che viene completato dal sottotitolo che gli tiene bordone: Desiderio e godimento nella contemporaneità. (Bruno Mondadori, 2010)

La psicanalisi (senza la “o” del termine più comune in italiano, «psicoanalisi», che troppo rinvia alla «psico-logia» e ne presuppone la derivazione) è spesso criticata, e persino talvolta derisa per una sua pretesa autoreferenzialità. Totalmente centrata sull’individuo e sui suoi problemi, la pratica analitica può apparire come estranea alla società. E si è dovuta addirittura affrancare dalla credenza che si trattasse di una pratica «anti-sociale».

Effettivamente la psicanalisi è un’esperienza di discorso alla quale un individuo si assoggetta. Ma è proprio il discorso, che va inteso come una forma di «legame sociale», secondo la formulazione a cui si perviene seguendo il filo del pensiero di Jacques Lacan, a partire da Freud.

Ma se vogliamo interrogare la parola per capire di che cosa sia fatta la pratica nata con Freud, e da Freud fondata sul concetto di inconscio, a sua volta strutturato come un linguaggio, dobbiamo capire quanto e come l’inconscio sia stato mal compreso e degradato, dalla marea postfreudiana,  nel corso della storia della psicanalisi.

Il sociale ha così preteso di invadere l’individuo, superare l’inconscio attraverso una pratica di ortopedia del comportamento. Una cultura, sintesi di terapia e ideologia, che esclude l’inconscio e quindi oscura il soggetto per adattare l’individuo ai dettati del sociale.

Si può stabilire una specularità ideale fra il ritorno a Freud di Lacan e il recupero meno noto che già nel 1972 proprio Lacan fece di Marx. Freud e Marx! La bipolarità del ventesimo secolo: individuo e società.

Marisa Fiumanò a dispetto della caduta d’interesse che ha offuscato l’immagine storica dell’inventore del comunismo, ritrova nel filosofo tedesco il filo che ci porta ad affrontare il problema delle ricadute della struttura economica, che in ultima analisi dovrebbe condizionare la sovrastruttura culturale politica e quindi sociale. Il capovolgimento però è totale, perché non può esserci superamento dialettico, una conciliazione superiore attraverso l’aufhebung di Hegel: il «plusgodere» (le plus-de-jouir) si struttura come un «plusvalore» (la plus-value).

«Le discours du capitaliste» come lo chiama Lacan, che lo situa all’interno del discorso del padrone («discours du maitre») mostra tutta la sua inadeguatezza. Nella psicanalisi il «soggetto» (l’individuo) è il soggetto del desiderio e l’«oggetto» è la causa del desiderio.

«Se il capitale propone le sue merci come sostitutive dell’oggetto e cioè come oggetti della soddisfazione, del benessere, della felicità, se ci tenta con le sue promesse, è evidente che non può mantenerle (…) Se la merce potesse davvero sovrapporsi agli oggetti oscuri che tormentano il nostro desiderio, se potessimo appropriarcene, possederli, consumarli, goderne ed esserne soddisfatti, la psicanalisi avrebbe esaurito la sua funzione. Potremmo sbarazzarci di Freud…»: citiamo Fiumanò, non solo per sottolineare come l’obbligo di godere implichi l’eclissi del desiderio, ma per arrivare a toccare quel punto in cui la mutazione culturale introdotta dal liberalismo economico incoraggia un edonismo senza freni. Il motore non è più il desiderio ma il godimento. Non solo il desiderio non è più rimosso, ma sono le manifestazioni del godimento che dominano attraverso il sociale.

La scelta della copertina, un quadro neoclassico del  preraffaellita John William Waterhouse, che mostra le figlie di Danao, eternamente costrette dalla condanna divina, per aver ucciso i mariti, a riempire una botte impossibile da colmare perché bucata, rimanda con suggestione realistica alla metafora di Lacan sull’impossibilità di misurare e contenere il godimento.

Attenzione. Nella scrittura di Marisa Fiumanò la strumentazione lacaniana non impedisce di affrontare la realtà dei temi che la contemporaneità ci impone: da Internet alla Procreazione assistita, da Eluana Englaro all’Anticristo di Lars von Trier, dal Prozac alla New Age, dal fanatismo religioso al totalitarismo storico… E ce n’è anche per Berlusconi!

Tutto però si tiene intorno al problema cruciale: «… preservare, attraverso il lavoro psicanalitico, la sua clinica, il suo insegnamento, la sua divulgazione, quello che si può considerare una caratteristica precipua dell’umanità, vale a dire la possibilità di analisi, di riflessione e di scelta in un’epoca che non lascia spazio a nessuna delle tre».

Chi ha militato nel Sessantotto radicale, ricorda ancora l’eco delle discussioni intorno alla NEP, la nuova politica economica di Lenin. NEP è qui invece, usato come un motto di spirito, acronimo di Nuova Economia Psichica concetto elaborato da Charles Melman, storico membro dell’Ècole Freudienne e fondatore dopo la dissolution dell’Association Lacanienne Internazionale, per andare al di là di Lacan senza allontanarsene, cioè rimanendovi dentro. Dentro il discorso della psicanalisi si percepisce la sfida in atto di fronte a società mutanti, dove i concetti di democrazia o individuo, liberalismo o egualitarismo, massa e potere non corrispondono più alle parole che li designano.

Mi piace raccogliere la sfida che, in sintonia con lo psychanaliste engagé di Melman, ci viene proposta da Marisa Fiumanò: «Senza la clinica il discorso della psicanalisi sarebbe un discorso fra gli altri, sorretto da una pretesa razionale e illuminista; la clinica invece gli conferisce il tratto di verità che lo rende privilegiato e assolutamente originale».

 

Muriel Drazien

Membro della segreteria permanente dell’Association Lacanienne Internationale

Janja Jerkov – Lettera a Dino Messina

risposta all’articolo «Giù dal lettino. La “società dei narcisi” teme l’analisi classica» pubblicato sul “Corriere della sera” del 13\02\2011

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Associazione Lacaniana Internazionale in Italia

Tout doit tourner autour des écrits à paraître
Tutto deve ruotare attorno agli scritti che verranno ad essere
Nota italiana

 

Il 15 luglio 2010 si è costituita a Roma l’Associazione Lacaniana Internazionale in Italia ( ALI-in-Italia) che federa le associazioni storiche di Milano, Napoli, Roma e Torino. I nuclei di queste associazioni sono stati creati da analisti che per primi hanno introdotto in Italia l’insegnamento di Lacan: Muriel Drazien, Paola Caròla, Costantino Gilardi. Alla terna originaria del “Tripode” voluto da Lacan nuovi anelli sono andati aggiungendosi sino a costituire – con l’apporto delle nuove generazioni– una catena che, da un capo, si allunga sino a coprire tutto il territorio nazionale da Torino, Genova e Milano, attraverso Roma e Napoli fino a Catania per arrivare, dall’altro, sino all’Association Lacanienne Internationale (ALI) di Parigi nella cui filiazione l’ALI-in-Italia esplicitamente si riconosce.
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