ven. 14 – dom.16 ottobre – Parigi giornate di studio su: Condizioni, poste in gioco e attualità della questione del transfert nelle psicosi.

Responsabili delle giornate : Etienne Oldenhove, Louis Sciara                              
sede: Paris Espace Reuilly, 21 rue Hénard – 75012 (France)
venerdì 14 ottobre dalle 20.00 alle 22.00
sabato 15 e domenica 16 ottobre dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30

Queste giornate mirano a tentare di testimoniare il lavoro che facciamo da tempo coi nostri pazienti psicotici, avvertiti – almeno lo speriamo – dalla nostra formazione di psicanalisti.

Freud non era ottimista circa le possibilità terapeutiche della psicoanalisi con i pazienti psicotici, poiché sosteneva l’assenza di transfert a causa di un ritiro narcisistico che ostacola qualsiasi investimento d’oggetto. È anche vero che aveva poca esperienza personale in questo campo.

La pratica con questi pazienti ci insegna che non è così. Vi è anche molto spesso troppa consistenza nel dispiegamento di questo transfert, che obbedisce ad una logica fondamentalmente eterogenea a quella delle nevrosi (nessun soggetto supposto sapere, una certa automaticità linguistica, un’esclusione dal luogo dell’Altro, un’assenza di disparità dei posti …) che mette il medico in dovere di raccapezzarsi.

Lacan era più dibattuto circa le possibilità di lavorare con gli psicotici. Da un lato, al seguito di Freud, metteva in guardia i suoi  allievi riguardo i pericoli del transfert nelle cure di psicosi, insistendo sul carattere automatico, irriducibile e spesso deleterio di questo transfert. Dall’altro, egli  raccomandava di non sottrarsi, di non indietreggiare nei confronti di pazienti psicotici (in particolare i paranoici), incoraggiando i medici a partire dal suo scritto del 1958 sulla Questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicosi, per chiarire meglio le linee di forza  proprie di queste strutture cliniche che si rivelano determinanti, imponendo le condizioni, le aporie, i limiti a ciò che è praticabile. Fissando questa condizione preliminare come indispensabile, egli ha soprattutto contribuito a precisare un tale transfert.

Gradualmente col suo insegnamento, Lacan ha aperto delle questioni e delle e prospettive sul lavoro analitico possibile con i pazienti psicotici, sottolineando a che punto occorre tener conto della diversità nosologica delle psicosi e delle specificità transferenziali proprie a ciascuno.

I suoi ultimi seminari in riferimento alla topologia dei nodi hanno permesso di capire meglio le supplenze possibili alla forclusione del Nome del Padre e in qualche modo illuminato con più sfumature e complessità le disposizioni transferenziali individuali. Essi interrogano ugualmente in cosa dello psicanalista può partecipare a queste supplenze e in quale misura possa esserne in qualche modo avvertito.

Nell’attuale contesto di crescente misconoscimento della ricchezza della clinica delle psicosi, ma anche in quello del suo smantellamento (scomparsa delle paranoie sotto la rubrica di schizofrenia, evanescenza della psicosi maniaco-depressiva, ormai classificata nel campo della bipolarità cosa che allontana il suo carattere di psicosi, prevalenza dell’autismo con un minimo riconoscimento delle psicosi infantili, concezione organicista delle psicosi con la promozione del cognitivismo, della genetica e della biologia piena di conseguenze sul piano terapeutico, discredito del “soggetto” psicotico la cui parola non è più presa in conto al punto tale da non considerare di occuparsene che principalmente per la farmacopea, istituzioni sempre meno orientate dalla cura di questi pazienti,  scomparsa quasi della psicoterapia istituzionale …), è importante che gli psicoanalisti formati alla clinica psichiatrica classica possano far intendere la loro lettura del transfert nelle psicosi, continuare ad interrogare ciò che fa difficoltà, condividere le loro esperienze cliniche, al fine di  sottolineare meglio le implacabili determinazioni all’opera in questi transfert e ciò che può essere praticabile.

Che gli psicotici resistano male al transfert, che la sorpresa sia la regola e quindi che il Reale della loro struttura ci prenda il più delle volte alla sprovvista, non ci risparmia lo sforzo di acconsentire per fare meglio luce sulla nostra pratica con questi pazienti.

Dato l’impatto dei rimaneggiamenti del simbolico in gioco nella mutazione del legame sociale contemporaneo, ci sono cambiamenti significativi nella clinica della psicosi e al tempo stesso nell’abbordare  e  gestire un transfert così delicato?

Infine, è ormai evidente che le istituzioni che avevano lo scopo di curare i pazzi sono sempre più disinteressati alle cure specifiche che gli erano prodigate. Rimettendo l’accento sull’importanza della parola degli psicotici e del modo in cui essa è presa in conto nel transfert, noi speriamo di poter contribuire a restituirle tutto il credito che le è indispensabile e contribuire così a ripristinare la sua dimensione etica.

[traduzione dal sito internazionale dell’ALI www.freud-lacan.com]

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