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Fobia e perversione nell’insegnamento di Jacques Lacan
AA.VV., Fobia e perversione nell’insegnamento di Jacques Lacan, 2012, Cronopio, Napoli
A partire dallo studio dei testi lacaniani gli autori affrontano, in particolare, la fobia e la perversione, che se per la psicologia possono apparire fenomeni molto distanti fra loro, non è così dal punto di vista dei meccanismi inconsci, perché entrambi sono modi di difendersi dall’angoscia di castrazione e lo fanno attraverso una concatenazione simbolica dei significanti, che acquisiscono valore immaginario. L’oggetto fobico, che più che dalla realtà è, come ci fa notare Freud analizzando il caso del piccolo Hans, prelevato dal linguaggio, permette al soggetto di delimitare uno spazio, o meglio di darsi un limite nello spazio immaginario, laddove questo non si è dato perché il soggetto non ha pagato il debito simbolico attraverso il passaggio per la castrazione ed il complesso d’Edipo. L’oggetto fobico risponde quindi ad una precisa logica significante che Lacan esplicita ricorrendo all’antropologia strutturale, paragonando le “sciocchezze” riferite da Hans ai miti primitivi studiati da Lévi-Strauss.
La cura analitica della fobia non fa leva, quindi, né sulla “desensibilizzazione” alla situazione fobica a cui il paziente andrebbe sottoposto per imparare a convinverci, come vogliono i comportamentisti, né sulla modificazione delle false convinzioni, dei falsi nessi associativi, alla base delle sue paure insensate, come affermano i cognitivisti. Per uno psicanalista, sostenere il lavoro delle libere associazioni dell’analizzante, la produzione delle sue fantasie, significa far dispiegare la catena significante inconscia, apparentemente priva di logica, ma grazie a cui, chi s’impegna in un’analisi, può trovare una soluzione soggettiva a questioni che riguardano la sua posizione sessuata all’interno dell’ordine delle generazioni.
Lo studio dei testi classici psicanalitici sul tema vengono riletti dagli autori di questo volume a partire dalla critica alla teoria della relazione d’oggetto, operata da Lacan nel 1956-1957 col seminario IV, e da quella del nodo borromeo degli anni ‘70. In particolare quest’ultimo grazie ai contributi, per la prima volta presentati al pubblico italiano, di Charles Melman ed Erik Porge, a testimoniare alcune delle teorizzazioni attualmente più rappresentative e originali del pensiero psicanalitico francese.