Cultura
Per Jacqueline Risset – Muriel Drazien
Jacqueline Risset era la mia amica.
L’avevo conosciuta quando ero appena arrivata a Roma, dove lei si trovava già da qualche tempo. Fu Jaques Lacan che mi raccomandò di mettermi in rapporto con lei quando sembrava chiaro che sarei rimasta a vivere e lavorare a Roma.
Ciò che ci avvicinava era l’interesse per la psicanalisi e il grande affetto che avevamo entrambe per Lacan. Anche l’impegno politico univa in quegli anni precedenti a ciò che in Italia si chiamarono poi gli anni di piombo.
Ciò che ci divideva era che Jacqueline era già scrittrice, affermata e conosciuta In Francia e nel mondo di una certa cultura , apprezzata per il suo talento e la sua storia, e invece io, americana, appena laureata in medicina, ero lontana anni luce da lei nella capacità di esprimermi nella sua lingua e di utilizzare il linguaggio come lei sapeva fare tanto bene. Diciamo che il mio cercare di entrare nel linguaggio incontrava a un certo livello il luogo in cui lei si trovava già.
Questi due poli, di ravvicinamento e di divisone hanno perdurato per quasi 40 anni senza che questo avesse impedito di frequentarsi, con un piacere credo reciproco, e anche di lavorare assieme.
Abbiamo avuto percorsi diversi – lei professore universitario di professione, io psicanalista – percorsi che ci permettevano di incontrarsi ogni tanto su un terreno comune: certamente la psicanalisi, secondo la scelta che lei operava sull’opera di Freud e soprattutto di Lacan; la letteratura che è sempre stata il mio interesse maggiore, Joyce, Dante, Proust. Anche su Artaud, sulla follia, la psichiatria, la religione.
Jacqueline adorava Roma. Diceva che a ogni angolo di strada si trovavano geroglifici da decifrare. Lacan non mancava mai di chiamarla quando veniva a Roma, e trovava tutto ciò che scriveva, tutto il suo lavoro perfetto, e la sua compagnia sempre piacevole.
Quante volte abbiamo visitato assieme i luoghi segreti di Roma, come il tempio di Mitra a Porta Maggiore, o ancora recentemente la Domus Aurea che tentava di salvare dei nuovi progetti di rimaneggiamento. E proprio su questo sito, sul Colle Oppio che abbiamo cenato assieme a luglio scorso, godendosi il tramonto sulle rovine.
Nel 2001, nell’occasione del centenario della nascita di Lacan, alle giornate che avevo organizzato su “Mosè e il Nome del padre”, Jacqueline ha commentato la conferenza stampa di Lacan dell’ottobre 1974 a tenutasi a Campitelli.
Era il momento del convegno della EFP svoltosi a Roma in cui Lacan parlò di un “piccolo istante, un lampo di verità nella storia dell’umanità.” Il titolo di Jacqueline era “la vera religione è…la romana.” Eccone qualche estratto:
Madame Y chiede: “la psicanalisi diventerà una religione?”
Lacan risponde: “la psicanalisi? No, al meno lo spero. Sforneranno del senso a tutto spiano, che nutrirà non solo la vera religione, ma anche molte false religioni .”
Madame Y:” Cosa vuole dire, la vera religione?”
Lacan: “la vera religione, è la romana!”
Jacqueline scrive: “ Ho ancora l’impressione di sentire la sua voce. L’effetto comico era voluto da parte sua, perché in francese quando si dice “la romana”, è sotto inteso che si tratta dell’insalata.”
Diventata Direttrice della Bibliothèque Guillaume Apollinaire, la salvò e integrò nel Centro di studi Italo-francese a Piazza Campitelli, dove avevo da tempo il mio studio.
Un luogo in cui molti dei nostri colleghi dell’ALI hanno dato un contributo all’insegnamento al quale tenevo molto come pure Jacqueline che ha sempre accolto le nostre conferenze e seminari.
Per concretizzare l’apporto alla cultura italo-francese di Roma ha fatto affiggere grandi pannelli sui muri che si leggono ancora tutt’ oggi con le date e i titoli dei nostri interventi svolti lì. Non ha mai accolto gruppi psicanalitici che non apprezzasse.
Nel 2010 ha partecipato alle giornate su Dante e l’amore della lingua, che abbiamo organizzato a Roma, con una conferenza intitolata La pantera profumata, conferenza pubblicata nel bellissimo numero de la Célibataire in edizione bilingue. Il suo ultimo lavoro è stato la traduzione delle rime di Dante.
Era un’amica fedele. Mi onorava di questa fedeltà eccezionale, poiché Roma ha sempre un carattere un po’ superficiale, un po’ effimero nonostante il suo attributo di città eterna.
Lei rispettava la mia fedeltà verso Lacan e il mio sforzo negli anni d’introdurre l’insegnamento di Lacan a Roma dove mi trovavo ,ai miei inizi, molto isolata.
L’anno scorso avevo dato un contributo a una raccolta di testi scritti per lei da suoi colleghi universitari e amici, che chiamò Pensieri dell’istante. Un titolo nel quale si può riconoscere la sua spontaneità e il suo estro. Ha pubblicato nel 2011 per Einaudi Il tempo dell’istante, una raccolta di poesie e Il Silenzio delle sirene nel 2006, e Istanti e lampi (Les instants les éclairs) nel 2014: L’istante in quanto colpo di fulmine.
L’istante sembra sia stato il suo “abitato” e fu in un istante che ci ha lasciati quando un embolo ha interrotto “lo scatto in cui la vita si riaccende.”
Jean-Pierre Lebrun (ALI Namur) – Crisi dell’umanizzazione
All’interno del Ciclo di conferenze dell’ALI-Milano, coordinato dalla dott.ssa Marisa Fiumanò, su «Nome e Nomi del Padre» è intervenuto lo psicanalista belga Jean-Pierre Lebrun il 2 marzo 2012 sul tema «Crisi dell’umanizzazione».
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Amalia Mele – Dalla parte del soggetto: il rapporto Lacan-Foucault
Amalia Mele
Dalla parte del soggetto: il rapporto Lacan-Foucault[1]
L’accostamento tra Lacan e Foucault ha un esito “polemico” scontato se si resta sul piano strettamente psicoanalitico. Per Foucault Lacan è un “liberatore della psicoanalisi” che non si è emancipato dal freudismo. Sul piano della criminologia potrebbero però esistere tra i due autori più affinità che divergenze[2]. Leggi il resto di questo articolo »