Luciana Testa – “ Un desiderio non è concepibile senza il mio nodo”
Da qualche anno nel nostro gruppo di lavoro cerchiamo di trovare dei riscontri tra le questioni e le difficoltà che incontriamo nella clinica attuale con gli insegnamenti che abbiamo ricevuto dalla logica e dalla topologia.
Rispetto al Seminario R.S.I., l’incipit lo abbiamo trovato in queste proposizioni di Lacan:
“ Ciò che non gira nel Simbolico, tiene nel Reale” e poi “ Se noi siamo capaci di operare sul sintomo è perché il sintomo è l’effetto del Simbolico sul Reale”…”Una pratica di linguaggio riesce a trasformare talvolta per un soggetto il reale. E questo senza che le tre dimensioni si confondano”, specifica Melman.
Sulla base di queste proposizioni siamo venuti un po’più in chiaro su alcune questioni che cercherò di enucleare brevemente e che di certo non vi risulteranno nuove.
La prima è che possiamo parlare del nodo borromeo in quanto effetto dell’entrata del linguaggio. Cioè il nodo è uno strumento che ci dimostra di che natura sia il minimo annodamento delle tre dimensioni che provengono dal linguaggio e precisamente dal senso.
Sappiamo che il senso è prodotto dalla metafora, che ha però un limite, un erre dice Lacan, cioè uno scarto tale per cui il gioco della sostituzione significante non è illimitata.
Nel nodo questo sta a significare che non potremo mai sostituire S con R e con I, che c’è un impossibile simbolizzabile che possiamo nominare in modi differenti :la lettera, lo scarto, i Nomi del Padre.
Questo qualcosa che non gira in modo illimitato nelle tre dimensioni della struttura del parlessere, ritorna e si presenta nel dire, cioè nel Reale in cui la ripetizione ne dimostra l’insistenza.
Tiene.
2^ questione. L’invariante antropologica, l’universale è l’entrata del linguaggio, che sta a significare che da quel momento la coniugazione tra Simbolico ed Immaginario riduce la portata dell’Immaginario con effetti di metafora, che nel nodo borromeo messo a piatto, individuiamo dal lato del buco del senso. Nel nodo, l’incastro del senso è indipendente dal godimento fallico ed il senso cessa di essere esclusivamente fallico. Il senso rimane comunque il luogo, il buco in cui avviene la sostituzione di un significante con un altro significante, lì dove l’Almeno-Uno della rimozione inaugura così la catena significante che per le stesse leggi del linguaggio implica il dire, cioè il Reale. In quanto esseri parlanti partiamo da questa triplicità. Il Reale è la terza dimensione non perché sia nell’ordine dopo la seconda. L’ordine topologico, non è un ordine di successione ordinale, ci serve per dimostrare l’ordine della contiguità delle tre dimensioni, il dire-il detto- il dato ad intendere, che si chiudono intorno al buco dell’oggetto piccolo a, che non è più prodotto da un taglio, da una caduta.
3^ questione. L’entrata del linguaggio segna una perdita di godimento dell’Altro, del godimento del corpo che collochiamo nell’ intersezione del Reale sull’Immaginario che si trova ormai irreversibilmente limitato ma che di per sé non introduce il sesso. E’ il Fallo simbolico ad avere il potere di agganciare veramente il Simbolico con il Reale, introducendo la sessualità nel Reale e sessualizzando l’oggetto piccolo a. La penetrazione del Simbolico nel Reale apre il buco del godimento fallico.
4^ questione. Possiamo dire che il nodo borromeo messo a piatto ci rende l’idea, ci aiuta a distinguere ciò da cui risulta il senso, il godimento fallico, il godimento Altro e come poi l’oggetto piccolo a sia l’effetto dell’annodamento, effetto che si dispiega nelle tre dimensioni e che risulta dall’incastro delle tre dimensioni.
Marc Darmon in un recente articolo sottolinea ciò che già Melman ha evidenziato nel Seminario “Le livre compagnon de RSI “ che con il nodo borromeo, Lacan opera un decentramento topologico, frutto della sua stessa revisione concettuale.
In che consiste questa sua ulteriore rivoluzione?
Prima del nodo borromeo, il Fallo era ciò che veniva a centrare, a puntare l’oggetto piccolo a a cui dava il suo carattere sessuale. Credo che se pensiamo alle tavole della sessuazione, di pochi anni precedenti, ciò ci risulta immediatamente intuibile.
Nel nodo, l’oggetto piccolo a ed il Fallo scritto esterno alla giunzione tra Simbolico e Reale sono decentrati, ex-sistono l’uno all’altro, da ciò che gli gira intorno.
Questa novità è ciò che dà un’anticipazione di quella che Melman teorizza essere la nuova economia psichica, dove abbiamo a che fare con degli oggetti piccoli a liberati dal sessuale, i neo-oggetti che vengono sulla scena.
Questione che riprenderò tra poco.
Con questi punti di riferimento, abbiamo considerato essere il Reale, cioè il dire la dimensione da studiare e da cogliere nella clinica per il diverso statuto e posizione che viene ad occupare a seconda se venga o no trattenuto dalla metafora paterna e dal fallo, con le conseguenze che comporta.
Del Reale, nella sua naturale illeggibilità perché il Reale è l’espulsione del senso, ne cogliamo il senso espulso nel dire della ripetizione e nella ripetizione del dire ( automaton e tuke ).
Notiamo che nella nevrosi il Reale ha lo statuto dell’Impossibile, che è l’insoddisfacibile dire e ripetere l’impossibile del rapporto sessuale, di cui il nevrotico non cessa di lamentarsi ed a cui risponde con una formazione sintomatica, il quarto anello, supplendo ad impossibile tutto godimento con un plus a cui tiene e che ben tiene nel suo sistema.
Il dire dello psicotico invece affonda nel buco del Reale,olimpicamente libero dal senso e dal godimento fallico. A questa voragine non c’è un appiglio a cui agganciarsi e risponde con una formazione delirante.
Il dire del paranoico è un dire pieno di senso e di significato univoco, senza il gioco significante impedito dalla messa in continuità delle tre dimensioni.
Per la perversione, la questione ci è risultata più complicata da cogliere.
Dalle purtroppo poche parole che Melman spende per illustrare la sua intuizione sul nodo del perverso, noi abbiamo capito che la sua consistenza è intrattenuta dall’oggetto piccolo a non perché qui sia il punto che risulta dall’incrocio delle tre dimensioni del nodo borromeo.
Nel nodo del perverso, l’ordine è invertito : è la particolare qualità di questo oggetto che intrattiene i tre registri. Questo oggetto immaginarizzato e non metaforico, dice Melman, noi lo cogliamo nella clinica essere un oggetto reale/immaginario, solo quello, insostituibile perché ha perso la sua porzione simbolica. E’ questo che lo rende perverso.
E’questa la differenza sottile: il nodo perverso non è perverso perché è olimpico.
Io trovo geniale scrivere, intuire topologicamente così il deficit della funzione fallica.
In questo nodo, il posto dell’oggetto piccolo a è opaco, è pieno. E’ un oggetto che non è né interdetto né limitato, pertanto ha la particolare qualità di rispondere illimitatamente al godimento Altro, al godimento del corpo, al godimento della vita. Però noi sappiamo bene che questo godimento della vita se non è limitato dal godimento fallico ben presto si rivela essere di tutt’altra natura.
Per questa ragione insistiamo, evidenziamo la portata della funzione fallica che nella nostra evoluzione soggettiva ci impone ad un dato tempo, negli anni dell’infanzia, una scelta : o l’oggetto o il sesso.
Il perverso, a suo tempo ha scelto l’oggetto. Questa inversione di traiettoria, nella clinica come nella realtà osserviamo, non gli impedisce di dedicarsi con intelligenza e con audacia ad altre attività che non siano quelle volte al godimento Altro.
La scelta dell’oggetto sta a significare che questo soggetto ha fatto la sua particolare obiezione al grande Altro, materno, che riconosciamo essere la contraddittoria obiezione della Verleungung freudiana, il diniego, la smentita.
Il perverso non ricusa totalmente la castrazione, da un lato dice sì. Dal lato del senso, constatiamo che il suo dire ordinato dalla metonimia produce il flusso incessante della domanda di restituzione di ciò che con il linguaggi è perso.
Dall’altro lato invece, è il Fallo che introduce il significante di un’altra mancanza ad essere rinnegato. Come avviene questa smentita?
La smentita avviene per l’assenza, o meglio per la mancata simbolizzazione del gioco significante della presenza/assenza, il fort/da. Cioè è l’assenza a non essere simbolizzata, che si riduce a presenza immaginaria. Pertanto il Fallo si riduce a fallo immaginario, si positivizza per arginare quell’insostenibile angoscia, la freudiana angoscia di castrazione del bambino che ha trovato origine nell’insopportabile percezione dell’assenza del pene nella madre, nella donna.
Rinnegarla, pur avendo percepito e riconosciuto nella realtà la differenza sessuale, Freud ci dice che è un passaggio normale, purché non si prolunghi. Quando invece il passaggio oltre il diniego infantile non avviene, il bambino inverte la rotta e ritorna verso l’oggetto.
L’inversione verso l’oggetto, che avviene sempre più spesso nella nostra contemporaneità, è anche sostenuto con la complicità del discorso dell’ altro materno/paterno/sociale. Si tratta dello stile del discorso sostenuto dalla “ comunità degli smentitori”, così li definisce J.P Lebrun, nel suo libro “ La perversione ordinaria”,< quegli adulti, quella madre,quei primi altri che per qualche ragione hanno rinunciato al proprio desiderio.
Allora, che cosa succede a questo soggetto bloccato nella smentita?
Succede che prolungando questa credenza, l’oggetto dell’inversione pulsionale, sguardo/voce/pene/feci/seno specialmente lo sguardo, si incolla su di una parte del corpo o su di un orifizio del corpo del soggetto. Questo oggetto non essendo l’ombra del Fallo oserei dire che a livello semantico diventa un segno sul corpo dell’altro, del simile. Ad esempio il piede, o la bambina con dei tratti particolari, o su di uno oggetto come abiti, scarpe,ecc., alcool e droghe, penetrazioni anali o vaginali con attrezzi o su di uno scenario. Questo è il feticcio freudiano, che noi oggi chiamiamo l’oggetto piccolo a fuori dell’interdetto e fuori sesso attorno a cui si chiudono le tre dimensioni.
L’apertura di questo sistema così serrato avviene solamente per opera di un elemento esterno:
o per l’effetto di un transfert. Possiamo dare testimonianza del transfert analitico allorquando viene faticosamente a prendere forma nel suo enunciato qualcosa che per quel soggetto punta alla realizzazione di un Ideale, l’Ideale dell’io a cui quel soggetto dice di tenere. E qui si realizza un ribaltamento: qualcosa del Simbolico si intravede, qualcosa si inter-dice.
O per l’intervento di una reale quanto angosciante minaccia o pericolo che vengono dalla realtà generati dalla presenza di un agente reale siano le forze dell’ordine, un genitore o dalla possibilità che queste manovre perverse siano conosciute da altri significativi che appartengono al contesto sociale in cui il soggetto vive. Infatti, questo godimento sembra che debba essere consumato nell’anonimato ed in clandestinità, comunque all’infuori dello sguardo di coloro che non reggono il suo gioco.
Di fronte a questa realtà minacciante, il soggetto si astiene e l’angoscia della privazione del suo godimento è tollerabile fino a che, cessato l’allarme ovviamente nella sua prospettiva immaginaria, riprende il suo giro.
O ancora, per intervento delle misure detentive grazie a cui la bordatura del godimento viene dalla realtà. Ci diceva un collega, Enrico Miccoli che lavora da tempo nelle carceri con omicidi seriali e stupratori, di aver riscontrato in questo scenario interdittivo delle trasformazioni effettive però temporanee, legate al tempo di permanenza della costrizione.
Tutto ciò per dire che quando entra in funzione qualcosa che parte da un agente reale, si crea un movimento tale per cui almeno in modo contingente questo Reale trova un Padre.
Per concludere, nella perversione avvengono queste conseguenze:
-
la prima è la necessità della permanenza dell’oggetto reale/immaginario che ha il potere di soddisfare il buco del Reale sull’Immaginario del corpo garantendo il godimento Altro di cui il soggetto non si può autonomamente privare.
La seconda è, dispensandosi dagli effetti della metaforizzazione fallica che sessualizza l’oggetto pulsionale trasformandolo in oggetto causa del desiderio, il perverso smentisce il significante dell’assenza mettendolo fuori del linguaggio e di conseguenza fuori gioco il Significante della mancanza. Non c’è differenza, in tal modo rinnega di essere diviso, crede di essere Tutto soggetto che ha un oggetto che lo rende completo.
Ricorrendo alla logica modale che ci aiuta a cogliere le modalità con cui si articola un discorso che ha un effetto di verità per quel soggetto, il perverso è ascoltabile come qualcuno che si è collocato, che parte dal lato dell’Impossibile.
Questo non è lo stesso dire sull’Impossibile del nevrotico.
Questo Impossibile è sostenuto dal “ Né sì né no”, che avviciniamo agli effetti prodotti dal diniego che non cessa di scriversi come l’indecidibile sì, vale a dire l’indecidibile scelta che conferisce invece consistenza al suo dire “ perché no?”enunciato e ripetuto nel suo singolare discorso.
In fondo, con il suo discorso e con i suoi atti, il perverso ci fa ben sentire il traumatismo e l’insoddisfazione dell’entrata della sessualità.
Un’ analoga fatica la ritroviamo nei cosiddetti neo- soggetti, a cui facevo riferimento poco fa, che a differenza del perverso vero, non fanno l’ordinaria fatica per soggettivarsi. Stanno come in uno stato di sospensione, di assenza. Non sono totalmente e veramente nell’inversione verso l’oggetto seppure godono di un oggetto pulsionale con cui riescono ad intrattenersi in quello stato che però non corrisponde agli effetti del diniego.
Per questi neo- soggetti, qualcosa non è ancora avvenuto, non è ricusato. Sono ancora là, in quello stato di dipendenza dall’altro, sempre collocato in posizione materna chiunque esso sia, che J.P. Lebrun chiama la “mère-version”, di cui Graciela Alfaro ci dirà bene di che si tratta.
Intervento al seminario annuale di studio su R.S.I. tenuto il 2 giugno 2012 a Torino