DOCUMENTI

Marco Cambi – Capitolo V – Seminario X Lacan. Capitolo V. Ciò che inganna

Buonasera a tutti, come condiviso nell’agenda commenterò il Capitolo V del Seminario, è stata per me una lettura sicuramente non facile ma che ho trovato molto interessante e che si dipana attraverso un percorso ricco di citazioni e differenti argomenti che hanno però un importante file conduttore che spero di riuscire ad evidenziare.

Ho trovato nel capitolo una continuità sia con i temi affrontati nelle scorse lezioni come l’ultima, cioè la IV commentata nello scorso incontro, sia più in generale sul Seminario del transfert in particolare sui Capitoli 23 Io-Ideale e Ideale dell’io dove veniva descritto lo schema del vaso dei fiori rovesciato, sia naturalmente in molte parti del Seminario sull’Identificazione riferimenti come abbiamo avuto modo di ascoltare fin dal primo dei nostri incontri di quest’anno.

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Amalia Mele – Commento alle lezioni 8 maggio 1963 e 15 maggio 1963 del Seminario X L’angoscia

Con la chiamata in causa dell’oggetto piccolo a, a partire da queste lezioni del SX, entriamo nella quarta scansione del tema dell’angoscia1. L’oggetto piccolo a in quanto tagliato via presentifica una relazione essenziale con la separazione, la se-partizione di un oggetto che cade. La se-partizione è un concetto inventato da Lacan per spiegare la separazione. Non è semplicemente il bambino che si separa dalla madre al momento della nascita, ma c’è un oggetto che cade, la placenta2, un oggetto caduco. La separazione/separtizione non è una questione che si gioca semplicemente tra due soggetti, ma prevede un oggetto tra i due, che Lacan definisce ambocettore (nel caso della placenta e della mammella).

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Fabrizio Gambini – L’angoisse (Séminaire 1962-1963) – Lezione XXV del 3 luglio 1963

Poiché si tratta oggi di riassumere l’importanza di una lezione che è l’ultima di questo seminario, si tratta anche, necessariamente, di riassumere, in un modo o in un altro, l’importanza dell’insieme del seminario. Assumerò dunque un rischio e, nel tentativo di non limitarmi eccessivamente a percorrere la lettera dell’insegnamento di Lacan in questa singola lezione, cercherò piuttosto di indicare quale è l’importanza di questo seminario, e di questa lezione, per me.

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Marcel Czermak – Ritorno sulla psicosi ‘unienne’, il puro s’embiante e l’amnesia di identità

Siccome ho avuto la gioia di ascoltare la storia dello “Smemorato di Collegno”, il modo in cui è stata presentata questa storia, gli effetti che ha avuto sull’uditorio partecipano assolutamente al quadro clinico di tutto il caso dato che è qualcosa a cui pensavo. Quindici anni fa, non so Paola (Caròla) se ricordi, c’era stata una riunione all’Istituto Francese di Napoli, “Il teatro della memoria”, e il signor Sciascia avrebbe dovuto venire e avevo previsto di litigare con lui. Purtroppo ha avuto i problemi cardiaci che sappiamo e abbiamo mancato l’occasione d’incontrarci. Leggi il resto di questo articolo »

Per Jacqueline Risset – Muriel Drazien

Jacqueline Risset era la mia amica.

L’avevo conosciuta quando ero appena arrivata a Roma, dove lei si trovava già da qualche tempo. Fu Jaques  Lacan che mi raccomandò di mettermi in rapporto con lei quando sembrava chiaro che sarei rimasta a vivere e lavorare a Roma.

Ciò che ci avvicinava era l’interesse per la psicanalisi e il grande affetto che avevamo entrambe per Lacan. Anche l’impegno politico univa in quegli anni precedenti a ciò che in Italia si chiamarono poi  gli  anni di piombo.

Ciò che ci divideva era che Jacqueline era già scrittrice, affermata e conosciuta In Francia e  nel mondo di una certa cultura , apprezzata per il suo talento e la sua storia, e invece io, americana, appena laureata in medicina, ero lontana anni luce da lei nella capacità di esprimermi nella sua lingua e di utilizzare il linguaggio come lei sapeva fare tanto bene. Diciamo che il mio cercare di entrare nel linguaggio incontrava a un certo livello il luogo in cui  lei  si trovava già.

Questi due poli, di ravvicinamento e di divisone hanno perdurato per quasi 40 anni senza che questo  avesse impedito di frequentarsi, con un piacere credo reciproco, e anche di lavorare assieme.

Abbiamo avuto percorsi diversi – lei professore universitario di professione, io psicanalista – percorsi che ci permettevano di incontrarsi ogni tanto su un terreno comune: certamente la psicanalisi, secondo la scelta che lei operava sull’opera di Freud e soprattutto di Lacan; la letteratura che è sempre stata il mio interesse maggiore, Joyce, Dante, Proust. Anche su Artaud, sulla follia, la psichiatria, la religione.

Jacqueline adorava Roma. Diceva che a ogni angolo di strada si trovavano geroglifici da decifrare. Lacan non mancava mai di chiamarla quando veniva a Roma, e trovava tutto ciò che scriveva, tutto il suo lavoro perfetto, e la sua compagnia sempre piacevole.

Quante volte abbiamo visitato assieme i luoghi segreti di Roma, come il tempio di Mitra a Porta Maggiore, o ancora recentemente la Domus Aurea che tentava di salvare dei nuovi progetti di rimaneggiamento. E proprio su questo sito, sul Colle Oppio che abbiamo cenato assieme a luglio scorso, godendosi il tramonto sulle rovine.

Nel 2001, nell’occasione del centenario della nascita di Lacan, alle giornate che avevo organizzato su “Mosè e il Nome del padre”, Jacqueline ha commentato la conferenza stampa di Lacan dell’ottobre 1974 a tenutasi a Campitelli.

Era il momento del convegno della EFP svoltosi  a Roma in cui Lacan parlò di un “piccolo istante, un lampo di verità nella storia dell’umanità.” Il titolo di Jacqueline era “la vera religione è…la romana.” Eccone qualche estratto:

Madame Y chiede: “la psicanalisi diventerà una religione?”

Lacan risponde: “la psicanalisi? No, al meno lo spero. Sforneranno del senso a tutto spiano, che nutrirà non solo la vera religione, ma anche molte false religioni .”

Madame Y:” Cosa vuole dire, la vera religione?”

Lacan: “la vera religione, è la romana!”

Jacqueline scrive:  “ Ho ancora l’impressione di sentire la sua voce. L’effetto comico era voluto da parte sua, perché in francese quando si dice “la romana”, è sotto inteso che si tratta dell’insalata.”

Diventata Direttrice della Bibliothèque Guillaume Apollinaire, la salvò e integrò nel Centro di studi Italo-francese a Piazza Campitelli, dove avevo da tempo il mio studio.

Un luogo in cui molti dei nostri colleghi dell’ALI hanno dato un contributo all’insegnamento al quale tenevo molto come pure  Jacqueline che  ha sempre accolto le nostre conferenze e seminari.

Per concretizzare l’apporto alla cultura italo-francese di Roma  ha fatto affiggere grandi pannelli sui muri che si leggono ancora tutt’ oggi con le date e i titoli dei nostri interventi svolti lì. Non ha mai accolto gruppi psicanalitici che non apprezzasse.

Nel 2010 ha partecipato alle giornate su Dante e l’amore della lingua, che abbiamo organizzato a Roma, con una conferenza intitolata La pantera profumata, conferenza pubblicata nel bellissimo numero de la Célibataire in edizione bilingue. Il suo ultimo lavoro è stato la traduzione delle rime di Dante.

Era un’amica fedele. Mi onorava di questa fedeltà eccezionale, poiché Roma ha sempre un carattere un po’ superficiale, un po’ effimero nonostante il suo attributo di città eterna.

Lei rispettava la mia fedeltà verso Lacan e il mio sforzo negli anni d’introdurre l’insegnamento di Lacan a Roma dove mi trovavo ,ai miei inizi, molto isolata.

L’anno scorso avevo dato un contributo a una raccolta di testi scritti per lei da suoi colleghi universitari e amici, che chiamò Pensieri dell’istante. Un titolo nel quale si può riconoscere la sua spontaneità e il suo estro. Ha pubblicato nel 2011 per Einaudi  Il tempo dell’istante, una raccolta di poesie  e Il Silenzio delle sirene nel 2006, e Istanti e lampi (Les instants les éclairs) nel 2014: L’istante in  quanto colpo di fulmine.

L’istante sembra sia stato il suo “abitato” e fu in un istante che ci ha lasciati quando un embolo ha interrotto “lo scatto in cui la vita si riaccende.”

 

 

DSA: bambini con difficoltà d’apprendimento

Riportiamo qui la traduzione di estratti di articoli pubblicati sul sito dell’ALI francese o altre pubblicazioni che riguardano le difficoltà d’apprendimento, in particolare la dislessia. 

Marika Bergès-Bounes -  psicologa, psicanalista ALI-Paris lavora presso l’ospedale Sant’ Anna, nell’Unità di psicopatologia del bambino e dell’adolescente


Alessandro, 11 anni e 4 mesi: ragazzo non lettore

 

Alessandro è stato inviato a consultazione per “dislessia e disortografia gravi” dalla psicologa scolastica. Nonostante il ragazzo avesse fatto 4 anni di logopedia due volte a settimana, egli continua a non saper leggere, decifra e “inventa” (per esempio dice “capanna” invece di “casa”). Lui stesso riferisce: “quando leggo mi blocco”. Non riesce che a scrivere delle parole molto semplici, dove l’articolo è sbarrato, e afferma che leggere è “dire delle parole”.

Egli si presenta – come numerosi ragazzi non lettori – dietro un “non so” difensivo permanente: non sa che giorno è, non sa il suo indirizzo, il suo numero di telefono, non sa niente. Sa solo che suo padre è morto due anni prima, ma non sa di cosa, lui non ha chiesto niente e nessuno gliel’ha detto, lui non era là: “tutti in famiglia sono al corrente, ma io non voglio sapere”; di fronte a un testo da leggere ripeterà: “non ho voglia di sapere, è questo il problema!”, dichiarando la sua posizione manifesta di non sapere.

I genitori si sono separati , dice la madre, “proprio prima dell’ingresso alle elementari: mio marito è andato in tilt, ha deciso di andarsene. Beveva da tempo ed è morto due anni fa. Alessandro non sa niente di ciò, né di cosa sia morto. Non ha posto domande, è come se non fosse accaduto nulla, dopo non se ne è parlato più, lo stesso dicasi per il fratello che viveva però col padre a partire dalla separazione -  ne avevamo uno ciascuno –  e lui aveva visto tutto, sapeva del coma etilico del padre e dell’emorragia. I ragazzi non parlano mai di questo”. “Questo” che significa “questo”? “Si avrà il diritto di dire la verità, il vero?”, chiede la madre che, a sua volta, non ha mai fatto parola dell’alcolismo del padre che l’ha condotto alla morte, come pure del nonno e del bisnonno paterni, morti anch’essi allo stesso modo: “la mia matrigna e sua madre non volevano dire niente, non volevano parlarne”. Una minaccia di morte da parte del lato familiare che porta il patronimico pesa, dunque, su questi ragazzi. “Alessandro, è dalla mia parte (per questo forse il suo disegno, fatto al colloquio, mostra una certa unilateralità?), ha sempre vissuto con me, gli fa molto piacere che sua madre gli faccia le cose, e il fratello si arrabbia e lo chiama ignorante. Tutti mi dicono che ho fatto troppo per Alessandro, sono io che ho scelto il suo nome che ha la stessa iniziale del cognome, porta fortuna. E poi, da quando il fratello maggiore è ritornato da noi, ho dato la mia camera da letto a lui e io dormo con Alessandro.”

Vi è una prossimità incestuosa madre-figlio, molto frequente nei bambini “non lettori” che sembrano lasciare il sapere e le sue conseguenze dal lato dell’altro, spesso della madre. È il caso della maggioranza di questi ragazzi in difficoltà di lettura: la conoscenza è attivamente sbarrata, la rimozione permanente di ciò che ci sarebbe da sapere, la lettura supposta dare accesso a questo sapere attraverso le significazioni della lettera scritta: lettura che sarebbe uno svelamento a cui il bambino s’oppone radicalmente, lettera per lettera (Alessandro, invitato a leggere un brano, dice: “devo leggere le lettere?”. La compitazione lettera per lettera, si sa, impedisce ogni accesso al sapere).

Possiamo affermare che questo misconoscimento attivo, quest’ottundimento che colpisce il significato della lettera scritta, li ritroviamo sempre nei ragazzi che non imparano a leggere?

Tratto da www.freud-lacan.com

Marika Bergès-Bounes  - «Io non so… è mia madre che sa…», tratto dal libro Que nous apprennent les enfants qui n’apprennent pas? (Cosa apprendiamo dai bambini che non apprendono?) dossier del Journal Français de Psychiatrie, érès, 2003

[…] quando si vogliono affrontare le misure da prendere nella prospettiva, se non di una vera prevenzione, ma piuttosto di un rilevamento precoce di queste difficoltà d’apprendimento, ci si accorge che non si tratta solo di mettere l’accento sui difetti della parola o del linguaggio, ma che la questione è molto più complessa: la si può porre sin dalla scuola dell’infanzia o dai primi anni delle elementari, quando si può riscontrare la difficoltà del bambino a lasciare casa, la madre, in particolare la sua voce, e a rinunciare ad essere unico per accettare le regole della scuola e la maestra per tutti: perdita della «cosa» che il gioco della lettera non può uguagliare per lui. Le consultazioni precoci genitori-bambini possono contribuire a che ciascuno si avvicini al proprio posto – compresa la maestra come terzo – e che il bambino accetti le leggi della trasmissione accedendo alla castrazione simbolica.

Il non-lettore ha a che fare con la conoscenza – cioè con la dialettica tra la conoscenza per mezzo della lettura e la passione dell’ignoranza. Non si tratta di misconoscimento, cioè degli effetti della rimozione che suppongono un non-saputo attivo di ciò che è saputo e che costituisce in fin dei conti un omaggio al rimosso che può farvi ritorno.

Non si tratta dunque nel non-lettore di una manifestazione della «spaltung», o divisione psichica [tra inconscio e conscio, N.d.T.], inerente al fatto che si tratta di un soggetto parlante, del fatto che il linguaggio suppone l’uccisione della cosa, ma degli effetti di questa «spaltung» sullo statuto della lettera in quanto questa sarebbe una traccia di questa uccisione.

Ora la clinica ci mostra che è nella dimensione del suo rapporto allo statuto della lettera nella madre, supposta contenere tutte le lettere senza eccezione, e nella misura in cui la madre è non solo nel luogo dell’Altro ma l’occupa completamente, senza alcuna mancanza, che il bambino non-lettore si piazza come fornitore instancabile della completezza della madre. Invece di costituirsi come il significante della mancanza nell’Altro, significante fallico, al contrario, abbandonando ogni prospettiva d’inganno, appare come un soldato del fallo della madre – soldato votato alla disfatta e alla sottomissione davanti all’orrore dell’angoscia riguardante la castrazione della madre, soldato desoggettivato.

Prendiamo come esempio quello di Guglielmo, 9 anni, che, trovando una bottiglia con l’etichetta “Granatina”, mostra la lettera G sulla bottiglia e dice «Sono io!». Egli mostra così, non solo che è capace di riconoscere la lettera, ma di prenderla come emblematica del suo nome, lettera del tutto immaginaria, tratto a cui egli si limita. Ma, così, egli manifesta che, quando la ritrova in un testo,  non può in alcun caso capire ciò se non come ritorno di questa lettera priva di ogni operatività simbolica: vi è un’identificazione che interdice qualsiasi possibilità di lettura. Questa lettera, in effetti, è metonimica del suo io, escludendolo così del tutto dal simbolico, marcando il suo rifiuto di situarsi come soggetto nella catena significante in cui essa si presenta. […]

L’autrice fa riferimento alla pratica di cerchiare le lettere alla scuola dell’infanzia, operazione questa che mira al riconoscimento del grafema, ma anche di far in modo che la lettera venga liberata dal senso e associata ad altre lettere, operazione che a livello psichico serve ad “ammansire” la lettera.

Marika Bergès-Bounes, nell’articolo,  fa l’ipotesi di una “qualità particolare” della rimozione dei bambini. A partire dalla clinica dei bambini non-lettori (l’autrice preferisce chiamare così i bambini dislessici), si può constatare che in essi vi è un “sapere” senza soggetto, effetto di una rimozione primordiale, che coesiste con una conoscenza senza soggetto effetto di una rimozione secondaria. Quest’ultima provoca un evitamento, in quanto tale conoscenza è sempre attribuita all’altro materno e non al bambino stesso. Tale meccanismo avrebbe, così, il vantaggio di mettere al riparo il bambino dalla perdita di godimento legato alla lettera e dal ritorno del rimosso, aggirando così il prezzo della castrazione simbolica.

 

M. Fiumanò su Fobia e perversione nell’insegnamento di Jacques Lacan

Uno stralcio dell’intervento di Marisa Fiumanò tenuto a Napoli  l’8 marzo nella sala Hde, p.tta Nilo in occasione della presentazione del libro

Fobia e perversione nell’insegnamento di Jacques Lacan ( a cura di Rossella Armellino e Maria Parisi) Edizioni Cronopio Napoli 2012

                          Napoli è una città contro-fobica?

 Il libro ruota intorno al seminario IV di Lacan “La relazione d’oggetto ”. Ogni contributo pur nella diversità degli approcci e della formazione ( non tutti gli autori sono psicanalisti), segue uno stesso stile dl lavoro: si lavora il testo del seminario, si riapre, si commenta,  se ne estraggono dei punti e  su di essi si avanza con nuove ipotesi o nuove tesi, secondo la  propria esperienza  clinica e/o il proprio sapere. Leggi il resto di questo articolo »

A proposito del matrimonio gay

Il dibattito pubblico sembra confuso, giusto effetto di una domanda mal posta.
Si può introdurre qualcos’altro?
Osserviamo che il matrimonio è un istitutuzione antropologico, universale dunque, le cui cerimonie religiose o civili marcano solo il riconoscimento sociale.
Il matrimonio come istituzione organizza tra le comunità umane lo scambio delle donne. È in modo abusivo che si evoca a questo proposito “l’interdetto” dell’incesto in quanto non è formulato da nessuna parte, ma interpretato a partire da un reale che lega la perennità del desiderio sessuale al rapporto con l’alterità.

Quest’apparente necessità sarebbe tolta dall’omosessualità che testimonia di un interesse particolare per lo stesso (cosa che è già all’opera in Platone), al punto che la forza del dispositivo è tale che esso sostituisce regolarmente all’identità del sesso dei partner un’alterità dei posti, apparentemente inevitabili. Se questo è il caso, l’identità sessuale del partner non diventa un problema indifferente? Questo problema trova posto in una “teorizzazione” che da Deleuze considera il corpo come un organismo alla ricerca nell’ambiente di una soddisfazione indipendente dal sesso legata a questo corpo come a quello del partner.
La fantasia – non si può nemmeno più dire il fantasma – vince così sull’anatomia e le prescrizioni simboliche ad essi connessi. Due punti restano allora sospesi in questa promessa.
1) Un rapporto che non è più mediato dal gusto dei partner, senza riferimento terzo, porta necessariamente al culto del dominante/dominato, un rapporto di controllo reciproco che non ha altro senso che quello di compiersi.
2) La messa in discussione, con il matrimonio gay, di un istituzione antropologica problematizza la natura della specificità dell’uomo nel regno animale. Sappiamo che per i ricercatori del campo delle cosiddette neuroscienze, non c’è. Ne resterà una per i nostri politici?

 Charles Melman

 

 

R. Armellino su “Leggendo Freud, studiando Lacan” di Paola Caròla

Leggendo questo testo che raccoglie le note che hanno fatto da guida allo studio che la dott.ssa Paola Caròla ha svolto dei testi freudiani al Centro Lacaniano di Studi Psicoanalitici Leggi il resto di questo articolo »

29 agosto – 1° settembre, Parigi: seminario d’estate su R.S.I.

R.S.I., il nodo borromeo, effettua una rottura radicale nell’insegnamento di Lacan. Lungi dal chiudersi in un sistema, con il nodo borromeo, quest’insegnamento subisce una revisione straordinaria.

Con la scoperta del nodo, Lacan sfida, con entusiasmo, non solo la teoria di Freud: la realtà psichica, il complesso di Edipo, il modello del sacco della seconda topica, ma anche la sua teoria: privilegio del Simbolico, posto centrale del Nome del Padre e del Fallo. Facendosi lui stesso abbindolare (dupe) dal Reale che aveva scoperto con il nodo, ne esplora passo dopo passo le conseguenze: effetti dello stringere e del serrare piuttosto che del taglio, il posto centrale dell’oggetto a, situazione di fuori corpo del godimento fallico,  del fuori linguaggio del godimento dell’Altro, da intendersi come genitivo oggettivo, del fuori Reale del senso, che risulta dalla sovrapposizione del Simbolico e dell’Immaginario. Lacan colloca, inoltre, nel nodo la triade freudiana: inibizione, sintomo, angoscia, in un modo particolarmente illuminante, essendo ognuno dei tre l’effetto dell’intrusione d’una dimensione nell’altra. Leggi il resto di questo articolo »

Agenda
Conferenza di Jean Paul Hiltenbrand – “La depressione o il dolore morale”

sabato 29 aprile 2023 ore 9,15 Associazione Lacaniana Internazionale sede di Torino Associazione … [leggi...]

INCONTRO ALI IN LIBRERIA – “Tutte storie di maschi bianchi morti …” di Alice Borgna

24 Febbraio 2023 - dalle ore 18.00 alle ore 19.30 presso la Libreria Libra (Torino) Presentazione del … [leggi...]

INCONTRI ALI IN LIBRERIA 2023

Ci incontriamo di nuovo in libreria a parlare di psicoanalisi, attraverso la recensione di libri di recente … [leggi...]

Leggere il Seminario di Jacques Lacan – ANCORA

Da lunedì 9 gennaio 2023 avrà inizio un ciclo di letture attorno al Seminario di Jacques Lacan Ancora … [leggi...]

Il Tratto del caso

"Come mai non avvertiamo tutti che le parole da cui dipendiamo ci sono in qualche modo imposte?" Ali … [leggi...]

Seminario d’estate 2022 – L’ANGOSCIA

24, 25 e 26 Agosto 202224, 25 et 26 août 2022 Teatro Ghione / Théâtre Ghione Via delle Fornaci 37, … [leggi...]

ANGOSCE DELLA CLINICA O CLINICA DELL’ANGOSCIA – ANGOISSES DE LA CLINIQUE OU CLINIQUE DE L’ANGOISSE

"Tra l'angoscia e la paura, vi consiglio l'angoscia" - "Vous avez le choix entre l'angoisse et la peur, … [leggi...]

L’identificazione

A s s o c i a t i o n e L a c a n i a n a I n t e r n a z i o n a l e ALI in Italia Primo … [leggi...]

Sul limite e sul suo oltrepassamento nella psicosi e nella perversione

A s s o c i a t i o n e L a c a n i a n a I n t e r n a z i o n a l e ALI-Roma Sul limite e … [leggi...]

La donna non esiste (uno studio sulla sessualità femminile)

A s s o c i a t i o n e  L a c a n i a n a  I n t e r n a z i o n a l e ALI-Roma La donna non … [leggi...]